martedì 3 aprile 2018

Raid di Femmina Morta - la tradizione pasquale

Quando riesci a spostare il limite, anche se di poco, pochissimo, vuol dire che hai comunque conquistato un grosso obbiettivo, anche se quello che volevi raggiungere dista ancora parecchi km e parecchi metri di dislivello.

Non era questo quello che mi passava in mente mentre sabato pomeriggio in treno raggiungevo Sulmona attraversando i paesaggi collinari laziali e più avanti quelli più selvaggi dell'Abruzzo.
Pensavo che comunque avremmo dovuto dare il tutto per tutto per almeno provare ad arrivare a meta, quella meta che già lo scorso anno ci eravamo prefissati come punto limite.

Ale, sopra i 3.000m il mondo cambia completamente

Con questa frase, eccitante quanto basta, è iniziata la strada che porta in cima al Monte Amaro, il punto più alto della Majella.

Non si tratta di una semplice scalata in bicicletta su asfalto, no, qua l'asfalto finisce subito e bisogna lavorare con la mente per cercare di superare la soglia di tolleranza che le gambe, ma non solo, si tratta di tutto il corpo, sono abituate a raggiungere, a volte superare; è il cervello che muove tutto.
Si tratta di entrare dentro i boschi, su sentieri ripidi e, se si è fortunati, il terreno accompagna fino a quote abbastanza alte, se invece ha nevicato, o sta nevicando, bisogna tenere bene a mente che la cosa diventerà sicuramente più ostica del previsto.
Non importa comunque, già il solo fatto di essere li, e provarci, ha un fascino tutto suo. Lasciamo alle spalle routine, brutte giornate, stress da città e ci immergiamo completamente in un fitto sistema di alberi e fauna che a un certo punto lasceranno spazio solamente a roccia, ghiaccio e vento e quindi, una volta arrivati su, tutto quello che siamo nel quotidiano non ci riguarderà più.
E' per questo che lo faccio.

Lo scorso anno, sorpresi da una nevicata improvvisa abbiamo dovuto abbandonare il nostro obiettivo solamente arrivati a 1.200m sul versante sud-ovest della montagna, dove un sentiero, illeggibile in quel periodo dell'anno, ci avrebbe dovuto portare in cima arrampicandoci su una scarpata, come fossimo caprette.

Non facciamo gli stessi errori dello scorso anno, il Monte Amaro è raggiungibile da ogni versante della Majella

Decidiamo di attaccare dal versante più esposto al sole, quello che sta a sud-est. Il gestore degli impianti di risalita ci fa sapere per telefono che è tutto spento, non c'è neve, nessuno sale sopra se non può divertirsi a sciare.
Per noi è un'ottima notizia, ci risparmiamo un bel pezzo di neve, che sicuramente ci farà risparmiare tempo e fatica.

Le previsioni danno forti venti, parliamo di 50/60 km/h, che con una temperatura che oscilla sui 7/8° può creare un effetto che fa percepire la temperatura come fosse a -18°. Noi dobbiamo dormire lissù, con quel vento, in tenda

Il primo obbiettivo è arrivare a 1.700m da quota 400m e avvantaggiarci in modo tale da affrontare subito il pezzo più ripido.
Partiamo da Sulmona dopo le 20.00, fuori ha smesso di piovere a dirotto, adesso piove, ma poco. Bisogna stare caldi, la temperatura comunque è abbastanza bassa, ci fermiamo solo per entrare in quei piccoli bar che incrociamo sui paesini sotto la montagna.
E' bello, perchè questo non è mai fatto con spirito agonista, di prevalsa, di orgoglio o frustrazione, non è un fatto ormonale, ci va e basta, anche con la pioggia, di notte, comunque vada, in qualsiasi punto decideremo di smettere, andrà sempre bene

Io ai posti mi affeziono

Cansano è un piccolissimo paese, l'anno scorso ci siamo fermati per una birra al bar sulla piazza.
Adesso passiamo e quel bar è chiuso.
Sento come un pezzo della mia vita che non esiste più, eppure è stupido affezionarsi ai luoghi, è solo un bar, uno come tanti, anche se per me è quel bar dove quella volta io e il mio amico ci siamo fermati per una birra, con la cartina della Majella aperta sul tavolo a cercare percorsi fattibili, un modo per salire sopra.
Rivedo quelle due sagome appoggiate al tavolino, eravamo noi un anno fa, con meno esperienza, con una vita diversa, con altri obbiettivi.
Adesso siamo di nuovo qua, come due stupidi a ritentare qualcosa che sappiamo essere troppo difficile per avere la certezza di chiuderlo, eppure ci proviamo, anche con più entusiasmo di un anno prima, proprio perchè sappiamo cosa ci aspetta tra qualche ora, mentre siamo ancora li, bagnati e freddi, a cercare un riparo temporaneo e caldo che ci dia energia per continuare.
Queste cose non ce le diciamo, ma sono sicura che le pensiamo entrambi; con lui è così, a volte le parole sono superflue.

Sei un gigante di ghiacchio, stai lì ferma, sotto di te la vita di paese, gente che beve e che mangia, un giorno di festa; eppure potresti ucciderci tutti e basterebbe un attimo, ma tu stai ferma dove sei, e guardi con sufficienza quella vita lì, che non ti riguarda, mentre secoli e secoli di vento ti hanno disegnata e continuano a farlo il maniera impercettibile

La Majella al buio è bellissima, sembra che una pennellata bianca, su quel fondo nero, abbia volutamente separare il cielo, adesso nuvoloso, dalla roccia, molto più in fondo le luci di un paese di cui non conosco il nome, con i suoi abitanti, magari ubriachi o magari al riparo davanti un camino acceso, sotto delle coperte calde.
Passiamo Campo di Giove, appena dopo la mezzanotte, e la pioggia si è trasformata in leggeri fiocchi di neve. Un tipo ubriaco al bar dove ci siamo fermati una decina di minuti in paese ha chiesto la nostra direzione.
Il mio amico inventa una meta finta, con la naturalezza di un bugiardo cronico. E' abituato a sfuggire alla gente, mentre io lo assecondo ma incredula mi chiedo perchè lo stia facendo

Quello li, se gli dicevi la verità, sai che testa ci faceva?

Rido, non posso dargli torto, in fondo che importa? Lì, da un'altra parte, in un altro posto ancora, comunque a prescindere da quello che avrebbe detto saremmo andati comunque.
Arriviamo agli impianti e cominciamo a risalirli.
Ci facciamo forza l'un l'atro, perchè la salita è ripida, le bici sono solo un grosso impedimento, le mani si congelano solo provando a togliere i guanti, ci fermiamo ogni 50m di dislivello, cerchiamo di mangiare qualcosa, ma il vento a tratti sembra che frusti la carne scoperta. Continuiamo a ripeterci che dopo quella curva il dislivello si addolcisce, ma non è vero, peggiora sempre di più e tira sempre più vento e la notte si fa sempre più fitta.
Dobbiamo chiuderla per forza, non possiamo piantare la tenda in picchiata, e poi secondo noi la piana sta proprio dietro l'angolo.
Sento che i crampi cominciano ad arrivare.

Cosa ci faccio io in piena notte sul versane di una montagna, sotto la neve, trascinando a fatica una bici e un carico sulle spalle, per arrivare in un punto che poi non so nemmeno se potrà garantirmi un posto non esposto dove dormire?

L'ultima curva ho fatto un atto di fede, ho pensato che se non era veramente l'ultima probabilmente non saremmo mai arrivati.
Ma c'era quel vento fortissimo che mi faceva capire che c'eravamo, stavamo per scavalcare il primo passo.
Il mio amico non lo vedevo più, solo un faro nella notte lontano parecchi metri, che si agitava e ogni tanto guardava dietro per capire se c'ero ancora.

Arriviamo sopra, una sola folata di vento e mi sposto di qualche metro, capisco che devo fissare meglio i piedi e abbassare il baricentro, altrimenti richio di finire giù, perchè tanto non si vede niente.
Adesso capisco che ho sudato, lo so perchè sotto i vestiti quel sudore comincia a ghiacciarsi velocemente, dobbiamo sbrigarci prima che i muscoli diventino freddi.
Grido perchè lui è andato ancora avanti, probabilmente non si è reso conto che avevamo superato la struttura dell'impianto, ovviamente non mi sente, troppo vento, energie sprecate. Lo raggiungo più in fretta che posso e indico l'impianto.
Troviamo una baita, siamo felici come non mai, quel muro ci permetterà di ripararci dal vento.
Impossibile piantare la mia tenda, dovrei fissare i picchetti su una grata sotto la tettoia, troppo difficile in quelle condizioni, così piantiamo la sua.
Io entro alla fine, in quella tenda da un posto, già occupata dall'attrezzatura.
Ci stiamo appena, incastrati e impossibilitati a muoverci.
Tolgo la scarpa destra, prima di entrare le gambe dentro, e in un solo attimo il piede diventa di pietra. Quel sudore in un secondo rapidissimo mi si è congelato addosso. L'altro piede lo entro con la scarpa.
Il sacco a pelo mi avvolge, anche la testa rimane dentro, una sola fessura per respirare e chiudo gli occhi.
Sono le 3.45 del mattino quando finalmente la giornata si può dichiarare chiusa.

Non ho dormito, solo microsonni di 10 minuti, il piede è rimasto congelato fino al giorno dopo.
Un raggio di sole sugli occhi socchiusi e capisco che si è fatto giorno.


Pipì, mi scappa proprio.
Non ho avuto il coraggio ieri notte, ma adesso non posso proprio rimandare.
Sono le 7.00 e la giornata inizia con quest'unica impellente necessità.
Nessuna sveglia, nessun appuntamento, nessun capo, nessuna responsabilità se non quella di scongelarsi in fretta per ricominciare da dove avevamo lasciato.

Quanti giorni sono passati? Solo poche ore, appena 12 e sembra quasi una settimana. Ma sto così bene che il mio cervello si convince che in realtà i giorni siano mesi, non si può stare bene in così poco tempo

Il sole ci da speranza, la giornata prometteva così bene che ci eravamo pure convinti di potercela fare ad arrivare in fondo.

7km - 1.300m di dislivello - 10 ore di luce
Vento in faccia si, ma il cielo sereno e la visibilità buona sono due ottimi compagni di squadra.
Arriviamo a scavalcare il primo pendio, saliamo ancora di un pò di metri, siamo proprio convinti, poi leggo in faccia al mio amico l'espressione di chi ha perso le speranze, allora guardo indietro e vedo quel grosso enorme cappello grigio che rapidissimo si avvicina.
E' un attimo, le condizioni cambiano e non ci lasciano speranze.

Torniamo indietro vero?

Si, tra poco non ci sarà più visibilità

Ci riproviamo l'anno prossimo, prima o poi ce la facciamo

Mentre scendiamo giù dallo stesso versante, il giorno ci svela quello che la notte prima ci eravamo permessi di fare e sono del tutto convinta che il buio ci abbia dato la spinta per scalare, se avessi guardato in faccia quel versante nascosto nella notte non avrei mai provato a scalarlo.




Ale, quanti giorni sono passati?

Poche ore

Troppa roba, sembra una settimana


Ci siamo andati molto più vicini questa volta

Si

Mi sento distrutta e felice

Anch'io 






Pasqua 2018

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