giovedì 30 novembre 2017

Scappo di casa e mi perdo nel Sahara - il giorno dove (quasi) tutto è cambiato

Mi sveglio effettivamente in tempo come mi ero promessa perchè la giornata è ricca di salite (diciamo anche che la strada è solo in salita) fino al centro esatto dell'Alto Atlante, via da quella serie di piccoli villaggi che vicini alla grande città sembrano essere il suo specchio in versione mini.
Non so perchè, ma decido di non seguire più il piano che avevo in mente per la giornata, ma di seguire la strada che lo sconosciuto a cena mi aveva disegnato con foglietto e coltello.



Che fai non segui le indicazioni di uno sconosciuto?

Forse lo scambio di informazioni formulato a gesti non ha funzionato perchè alla mia domanda se la strada era in buone condizioni ed in salita lo sconosciuto ha risposto di si alla prima e di no alla seconda, quindi appena imboccata la sua "scorciatoia" mi accorgo subito di non aver capito niente.
Decido comunque di continuare su quella via anche perchè di villaggi ne ha indicati solamente due ed trattandosi di luoghi "fuori portata" per la massa forse sono anche più tranquilli.



Devo dire che la ragione stavolta ce l'aveva lui e anche un pò io, perchè effettivamente i due villaggi erano formati da 4 case diroccate e una decina di abitanti, qualche pastore lungo il sentiero con le sue capre nere (non capisco perchè il Marocco non esiste il formaggio) e nessun furgone affollato a farti da spola.
Tutto bello, bellissimo, ma ... la strada si esaurisce in un'ottantina di chilometri e il restante diventa di nuovo asfalto e ovviamente incontri.

L'incontro questa volta è stato con un europeo, una guida turistica.

Sul punto più alto della catena montuosa, là dove passa una delle strade più belle del mondo, famosa per le sue curve (sono 12 esattamente, un'ammazza gambe di poco più di qualche km con un dislivello di circa 400 m), in cima, un curioso spettatore mi sta osservando e attende che io finisca.
"Hola" esordisce dichiarando la sua nazionalità.
Un pò mi rallegra il fatto che si tratti di uno spagnolo, ha pure la faccia simpatica.
Mi racconta in pochi minuti di cosa tratta il suo lavoro, fa qualche battuta simpatica sulle attitudini comportamentali dei suoi clienti in base alla nazionalità e all'età, poi comincia a fare una serie di domande (riporto da post su FB scritto quando ero li)

Mi chiede dove sono i miei amici e io rispondo un po' ovunque nel mondo
Mi chiede da dove vengo e che strada ho fatto e rispondo da Marrakech lungo l'unica via che passa tra le montagne
Mi chiede visto che guidano come i pazzi se ho paura e rispondo che vivo a Roma, lì guidano peggio. Mi chiede allora dove sto andando e rispondo che cerco le piste a confine con l Algeria
Mi stringe la mano e mi dice: forse tu hai più palle di me, io rispondo che non sono palle ma ovaie.

Prima di lasciarmi, essendo una guida turistica che svolge dei mini trail in mtb mi chiede info sulla strada sterrata appena percorsa. Un pò mi dispiace dargli informazioni su una strada che non conosce turismo, mi sento un di tradire la fiducia dello sconosciuto del "ristorante", un pò mi esalta l'idea che una guida turistica chieda informazioni a me, quindi propongo uno scambio di favori: io gli spiego la strada nei dettagli e la fattibilità del percorso e lui mi indirizza verso un villaggio dove poter dormire la notte.

Vabbè ovviamente la battuta me la sono cercata (italiani brava gente), però ottengo un posto a quattro soldi in un albergo di Ait-Ben-Haddou (capirete in seguito quanto questa scelta sia stata dettata ancora dalla mia mala fede nei confronti degli abitati del luogo e quanto mi sia pentita di aver sprecato questi primi giorni a rincorrere un posto sicuro invece che fidarmi di loro).
Ottengo un posto di onore in un albergo come "collega" dello spagnolo appena arrivata dall'Italia per guidare un gruppo di turisti che arriverà l'indomani.
Ottengo anche preziose info sul perchè i bambini tentano di uccidermi ad ogni angolo di strada e la risposta fa capo al mio vestiario non idoneo ai loro usi e costumi con una frase che mi rimbomberà in testa per tutto il viaggio "chissà che cosa passa nella loro testa". Un pò mi viene la tristezza a pensare che la loro cultura sia così poco elastica da non permettere nemmeno a una persona di passaggio di indossare i pantaloncini, dall'altro lato mi rendo conto che la regola non vale solo per le donne, quindi mi consolo quasi subito, in fondo già dal giorno dopo scoprirò che i pantaloncini non li posso più mettere perchè oltrepassato il confine geografico delle montagne si fa subito deserto e il sole cambia l'intensità dei raggi, quindi non permette comunque di poter girare con la pelle al vento.





E infatti è subito deserto!





Svegliarsi con la certezza che da li in poi non riuscirò più a seguire un piano preciso è la cosa che più mi piace dei miei viaggi. Quindi parto benissimo e la giornata passa zigzagando tra una pista e l'altra in attesa che si faccia buio e sia costretta a fermarmi.
Chi se lo aspettava che il Marocco fosse così bello?
Praticamente ho ripercorso tutto quello che ho fatto un anno fa in pochi chilometri e con molti meno soldi (ovviamente in piccolo se paragonato alla mostruosa natura che offre l'America, però molto soddisfacente).
Comincio a simpatizzare per la gente locale, che passando da una regione ad un'altra, è cambiata in attitudini ed abitudini; comincio a familiarizzare con beduini che pascolano cammelli, donne che portano in spalla fasci di rami secchi, qualche bambino che però non essendo in gruppo timidamente solleva la mano in segno di saluto e non per tenere minaccioso una pietra in segno di sfida, ma sopratutto comincio a capire che posso contrattare per avere cibo e un letto.
Ricordando le parole di Hassan e i suoi strani disegni sulla mia cartina mi rendo conto che non è ancora giunto il momento per piantare la tenda. 
Due sentimenti contrari si fanno spazio nel mio stomaco: da una parte la voglia di dormire fuori in tenda, accendere un fuoco, mangiare all'aria aperta, sostare in silenzio davanti gli avanzi sul piatto e riflettere su quello che sto provando; dall'altra il gravoso peso delle raccomandazioni che mi porto dietro.

Il dubbio se ne va da solo appena incrocio un villaggio e mi fermo in un ristoro per bere una cosa (ovviamente tè caldo alla menta, non hanno altro).





Leggevo prima di partire che per una donna è consigliabile non sostare nei ristori se frequentati solo da uomini, quindi mi affaccio timidamente un attimo per capire chi si trova all'interno: solo uomini.
Comincio a pensare che
a- non ci sono donne (perchè in giro se ne vedono pochissime)
b- forse non è più il caso di allarmarsi fino a quando non succederà qualcosa di effettivamente importante da riportarmi sulla difensiva, quindi me ne frego di quello che la gente scrive e mi siedo a un tavolino (anche perchè o quello o l'ansia perenne, e io sono in ferie, non ho voglia di stressarmi).


Da qui in poi una formula che si avvererà ogni volta per tutto il viaggio: stazionare per più di 5 minuti da soli in un ristoro significa invitare la gente a sedersi vicino a te per una chiacchiera in arabo.


Se dico che è divertente nessuno mi crede, ma la comunicazione a gesti è diventata la mia nuova frontiera del divertimento. Di solito il primo si avvicina perchè incuriosito dal tuo aspetto, poi una volta licenziato si avvicinerà il secondo che farà più o meno la stessa cosa, poi magari qualcuno ti farà un gesto per invitarti a cena e quasi sicuramente potrai rimanere pure a dormire. Si improvvisano come dei b&b, solo che di bed & breakfast non hanno nulla: il letto è più o meno una branda fatta di paglia, puoi dormire assieme a loro, e la colazione è in realtà un ricco piatto di tajine o cuscus cucinato da una donna per tutta la famiglia (composta da non meno di dieci persone).


Non è la prima volta che degli sconosciuti mi invitano a dormire a casa loro, ma è la prima volta che accetto di farlo e non so nemmeno io cosa mi sia passato in testa in quel momento, ma da li in poi i miei dubbi su quelle persone andranno affievolendosi fino a scomparire del tutto.





Su questo un chiarimento è fondamentale: è ovvio che non mi sono fidata proprio di tutti, una piccola selezione è necessaria, non metto a rischio la mia vita, ma credo che il linguaggio del corpo sia una delle cose più facili da comprendere, mi è successo nei viaggi precedenti ma in questo ancora di più perchè eliminata la barriera del linguaggio, dove ognuno a parole è più o meno bravo a far intendere cose che in realtà non sono, rimangono gli sguardi e i gesti e a volte guardare una persona dritto negli occhi dice molte più cose di quelle che si possono trovare in una frase ben formulata.





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